Fonte: www.coop4job.it
Tentativi di denuncia
Sono stati compiuti alcuni progressi nel denunciare l'estrazione illegale dei minerali nella Repubblica democratica del Congo e nel sottolineare il ruolo delle società multinazionali. Tre rapporti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, (istituiti nel 2000) eseguiti da Mahmoud Kassem, sono stati utilizzati per denunciare le reti di terrore, saccheggio e corruzione chiamati "reti d'élite" e i loro collegamenti con le diverse guerre in atto in questa parte del paese. Nella relazione dell'ottobre 2002, gli esperti hanno messo in evidenza il coinvolgimento di ottanta società internazionali che violano il Codice di buona condotta dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Tre quarti delle aziende menzionate erano registrate in Europa occidentale e Nord America. Questo lungo elenco ha mostrato come il saccheggio "sistemico e sistematico", secondo il rapporto, sia "globalizzato". Un nuovo rapporto del deputato congolese Christophe Lutundula parla di ventisei contratti firmati tra lo Stato e le Compagnie minerarie tra il 2001 e il 2003 che avrebbero portato a un guadagno di 11 miliardi di dollari. Dopo queste rivelazioni, viene esercitato un "embargo morale" contro il coltan del Congo. Diverse aziende di elettronica hanno rifiutato l'uso del coltan dell'Africa centrale preferendo quello di provenienza australiana.
Drammi umani e sconvolgimenti sociali
Il conflitto di Kivu assume l'apparenza di un cancro che tende a diffondersi. Uccide, causa disabilità, violenza, trasmette l'AIDS.
Perdite ecologiche irreversibili
L'estrazione artigianale dei minerali ha un impatto sull'inquinamento delle acque fluviali e sulla distruzione della copertura vegetale. Nelle aree di disboscamento, le foreste sono state quasi tutte sacrificate.
Come passare da un'economia di guerra a un'economia di pace? Da un'economia materialista ad un'economia di rispetto dei diritti umani?
Nel caso dei Paesi dei Grandi Laghi (RD Congo, Rwanda e Burundi), l'obiettivo sarebbe quello di superare definitivamente i fattori di conflitto, di spezzare la spina dell'economia fraudolenta militarizzata. È ovvio che solo un approccio basato sulla conoscenza delle realtà sul campo e sull'identificazione degli interessi comuni dei membri dell'area transfrontaliera considerata abbia successo. La pace deve essere basata sulla popolazione che sono interessata, mediante un piano con passi e obiettivi limitati, inquadrato in una prospettiva comune a lungo termine. Ma sarebbe un illusione credere all'esistenza di soluzioni semplici e veloci. Come sempre in uno scenario di trasformazione, all'inizio ci sarà una forte resistenza. Dopo tanti anni di conflitti e insicurezze, tante vittime innocenti, così tante luoghi distrutti, gli atteggiamenti di sfiducia sono difficili da eliminare. A livello locale, coloro che hanno beneficiato dell'assenza di regole formali, della militarizzazione dell'attività economica, delle varie opportunità di guadagno illecito cercheranno di vanificare gli sforzi normativi o addirittura di combatterli con la forza. Altri, sicuramente in numero maggiore, di minatori ai funzionari locali, ai commercianti che sono stati costretti a convivere con il sistema liberalizzato e con gli esportatori formali, si spera che troveranno un maggiore interesse per la fine dei conflitti e la riforma del commercio dei minerali.